martedì 13 novembre 2012

Intervista per una tesi sulla fotografia di nudo e della pornografia



Mirko Fabbian è un ragazzo di Torino che sta preparando una tesi sulla fotografia nei settori del nudo e della pornografia.
In passato ha già ampiamente trattato l'argomento della fotografia in ambito generale e che ha intervistato e sta tutt'ora intervistando dei fotografi specialistici o amatoriali.
Quando a inizio ottobre mi ha contattato per propormi quest'intervista, ho subito accettato con entusiasmo perché credo che sia un bel tema da trattare in una tesi, e soprattutto non è una tematica molto trattata.

Riporto qui sotto l'intera intervista, nata dalla sbobinatura dalla mezz'ora di chiacchierata che è stata registrata nel mio studio. Ho effettuato solo una piccola pulitura del per semplificarne la lettura, lasciandola il però più  vicina possibile alla trascrizione testuale  per mantenere i dettami metodologici predefiniti. 

Ringrazio tantissimo Mirko per aver avuto la pazienza di ascoltare i miei deliri fotografici e soprattutto per il bellissimo lavoro che sta effettuando. Non vedo l'ora di vederlo completato! ;)

Ultima postilla: ho disabilitato i commenti alla fine del post, non solo per il delicato argomento trattato, ma per rispetto a Mirko e al suo lavoro.

R: dunque come inizio ti chiedo di presentarti e, insomma, di darmi una panoramica generale su come ti chiami e su qual è il tuo tipo di professione.
I: Mi chiamo Marco Donatiello, sono un fotografo di Torino e sono il titolare fondatore del DP Studio Fotografico, come fotografo mi occupo di reportage, reportage sociale. Tratto prevalentemente un macro argomento che è il borderline, le situazioni borderline dell'umanità: dalla vita dei rom, al mondo dell'occulto, alle drag queen al bondage e altre tematiche che stanno un po' sul filo tra la normalità e la non normalità; che poi bisogna distinguere quello che può essere normale o meno sulla base delle proprie convinzioni, della propria etica. Invece come DP Studio Fotografico ci occupiamo prevalentemente di fotografia industriale, corporate ed eventi, quindi ci indirizziamo ad un pubblico prevalentemente aziendale ed industriale.
R: dunque come ti sei avvicinato all'ambito della fotografia?
I: la mia storia personale nasce da un amore per la fotografia come hobby, come passione “extralavorativa”. Ho una formazione prettamente umanistica, sono laureato in psicologia del lavoro e dell'organizzazione, ho fatto il selezionatore e formatore in azienda fino al 2006-2007, poi da li mi sono staccato e mi sono indirizzato verso un ambito più fotografico aprendo lo studio.
R: quando tu fotografi ricerchi qualcosa di specifico nell'ambito della fotografia che scatti? C'è qualcosa, c'è un senso particolare per cui tu scatti fotografie?
I: la mia curiosità: sono stato sempre curioso fin da bambino, quindi la mia curiosità ha sempre alimentato le mie scelte, ha sempre alimentato quello che volevo fare, volevo conoscere. Senza curiosità non avrei mai fatto il fotografo. Io fotografo soprattutto quello che mi incuriosisce, quello che voglio conoscere. La curiosità e la fotografia mi permettono di conoscere un determinato settore, un determinato situazione che la vado poi a sviscerare attraverso un reportage, un racconto fotografico.
R: cosa ti fa capire che un'immagine che hai scattato è più bella di un'altra?
I: non credo che esistano immagini belle o meno belle, possono essere tecnicamente ben fatte o tecnicamente meno ben fatte. Quello che è importante secondo me è quello che l'immagine comunica: se l'immagine comunica qualcosa, ha un senso comunicativo, ti da un'emozione, allora funziona. Se un'immagine invece è perfetta, tecnicamente senza nessun errore, composta bene però è fredda, non ha un'emozione, e non comunica un'emozione, allora non è un'immagine ben fatta.
R: qual è il punto da cui tu parti per adottare un criterio di selezione?
I: innanzi tutto parto quello da cui ci siamo detti con il cliente. Io non vado mai dal cliente a fotografare senza aver fatto una riunione preventiva, una riunione preparatoria. Io prima vado dal cliente e gli chiedo che cosa vuole, cosa fa e cosa vuole ottenere: sulla base di queste tre cose io ho già una sorta di canovaccio per fare il mio racconto fotografico.
R: se invece l'ambito è privato?
I: idem
R: lo stesso?
I: certo. Non vado mai a scattare senza conoscere quello che vuole la persona. Se tu mi chiedi di fotografare, che ne so, la tua attività di studente, io prima ti chiedo cosa fai, cosa studi, dove vai all'università, come è la tua giornata tipo, una sorta di mini intervista, proprio per capire esattamente quello che vado a fotografare. Io non posso essere onniscente, non posso conoscere tutto quanto e quindi poter entrare direttamente nella tua vita o in un'azienda e fotografare senza sapere nulla: io prima mi devo preparare. Quindi prima della riunione io mi guardo il sito del cliente, vedo cosa produce o guardo la pagina Facebook della persona che vado a fotografare.
R: e se invece sono fotografie che restano a te? Scatti unicamente per te stesso.
I: non faccio scatti solo per me stesso. Deve esserci sempre una controparte.
R: sostanzialmente quindi la fotografia ha sempre una base di studio alle spalle e non è qualcosa di creato sul momento.
I: assolutamente si. In fotografia non si improvvisa, anche quando si è in una situazione nuova, devi sempre essere preparato, devi sapere dove succederà, quali sono i punti luce importanti, come si svolge l'evento, quali possono essere le situazioni più interessanti da fotografare, quelle su cui concentrarti, ecc...
R: tu sei un progressista della fotografia nell'ambito dello scatto in digitale o sei ancora legato alla fotografia in analogico?
I: io lavoro solo in digitale. A livello professionale non capisco la necessità di dover tornare all'analogico. Infatti quasi tutti i professionisti non usano più l'analogico. Mi chiedo perché molti amatori continuino ad usare l'analogico quando alla fine il negativo viene digitalizzato per essere stampato, quindi non c'è più quel processo fine art, che permette una stampa unica. Sono rarissimi i casi in cui l'amatore si mette in camera oscura, sviluppa il negativo e stampa la sua fotografia; sono rari i casi perché ormai non si producono più gli acidi, non si producono più le carte, quindi viene a mancare proprio la materia prima.
R: sostanzialmente quindi superiorità del digitale.
I: Come professionista io posso così: io scatto le immagini, le faccio vedere subito al cliente, me la approva. Inizio quindi la post produzione e poi gliele mando. E non ho problemi che mi rimandi indietro il lavoro, perché lui me lo ha già approvato.
R: qua io mi sono dovuto confrontare sull'argomento del post produzione con punti di vista molto differenti.
I: È un tema molto delicato e dibattuto. Io faccio parte di quella corrente, di quel punto di vista che vede la post produzione come una parte assolutamente indispensabile. La diatriba nasce soprattutto da un elemento di ignoranza, inteso proprio come “non conoscenza”, di ciò che si faceva in camera oscura: si facevano praticamente le stesse operazioni che si fanno adesso in camera chiara. Soltanto che prima le facevano pochissime persone adesso chiunque può essere in grado. Chiunque ha un po' di pazienza e buona volontà di mettersi a studiare Photoshop, Lightroom o qualunque altro programma di fotoritocco riesce ad ottenere risultati che fino a quindici anni fa erano tesori nascosti di pochi.
R: quindi la tua fotografia ha sempre un certo quoziente di ritocco.
I: nessuna fotografia digitale professionale è così come esce dalla macchina fotografica. Non mi voglio addentrare in aspetti tecnici, però ti dico soltanto che la fotografia quando esce dalla macchina fotografica è al 50%: nel senso che soprattutto tutti i fotografi, utlizzano un formato file che si chiama formato raw: è un formato grezzo che non contiene alcun tipo di informazione, come contrasto, nitidezza ecc. Queste informazioni vengono inserite in post produzione. Questo permette di avere una gestione e controllo del file sia in fase di scatto, sia in fase di post produzione: quindi ad esempio, non mi devo preoccupare del bilanciamento del bianco quando scatto, me lo faccio in post produzione con un vantaggio non indifferente.
R: dunque, ora mi dicevi che ehm... il ritocco è accessibile a tutti...
I: assolutamente si.
R: parlavo con altri fotografi proprio riguardo questo sostanzialmente alcuni erano vicini al punto di vista sostanzialmente per il quale la fotografia in digitale e con il digitale si è popolarizzata.
I: certo, io la vedo come una cosa in positivo.
R: volevo arrivare proprio a questa dicotomia tra positivo e negativo.
I: non vedo quale possa essere l'aspetto negativo. La positività è che c'è un grande numero di immagini che gira in rete, dai social network Twitter, Facebook. Google Plus, Flickr o qualunque altro genere di network sociale su internet, c'è quindi la possibilità di un arricchimento maggiore di tutti. L'accessibilità ha permesso anche un abbattimento dei costi di attrezzature, non tanto quelle professionali, ma quelle per amatori evoluti ed amatori si.
R: quindi sostanzialmente popolarizzazione come elemento positivo.
I: esatto. Molti miei colleghi possono avere un timore della popolarizzazione perchè hanno paura che l'amatore possa rubare il lavoro. Se un professionista fa matrimoni, ne fa meno perchè ormai con il digitale ci sono più persone che li possono fare. Magari la coppia si affida ad un parente ad un amico che ha la macchina fotografica “bella”. Secondo me è un discorso che non si regge in piedi, perché la qualità che posso dare io come professionista non è assolutamente pari a quella che può dare una persona che lo fa per la prima volta. Idem con le aziende: se mi chiedono di fare un catalogo e poi l'azienda decide di farlo fare ad un suo collaboratore, per quanto bravo che sia non potrà mai dare la qualità. Qualità intesa come aspetto professionale: rispetto del preventivo, rispetto delle tempistiche di consegna, rispetto delle tempistiche di shooting, qualità finale del file, che io quindi posso dare un file nettamente migliore, elaborato in una certa maniera, ma anche realizzato in un determinato modo: io so che per scattare per un catalogo devo la stessa foto in più formati: orizzontale e verticale, e con più tipologie di punti luce perché una foto viene utilizzata per il catalogo, un'altra per il sito internet, un'altra ancora per la brochure. Invece chi non lo fa di professione si trova a scattare una immagine sola che va bene in quell'occasione, però poi magari l'anno successivo è necessario rifare tutto quanto e quindi si spende più tempo e più risorse, perchè l'azienda toglie il collaboratore alla sua funzione principale, e alla fine viene a costare di più che affidarlo ad un professionista.
R: quindi in ogni caso tu sei un sostenitore del fatto che la distinzione resti netta tra amatore e professionista nonostante la fotografia sia un po' accessibile, anche se a livello minore, però a tutti.
I: come io non mi metto a fare il panettiere o non mi metto ad aggiustare la mia automobile perchè non sono un professionista del settore, così mi aspetto che un cliente non lo faccia: considera soltanto che chi viene da me non chiederebbe mai ad un amatore di fare lo stesso lavoro, perchè si aspetta un certo tipo di qualità finale.
R: Senti fuoriuscendo da un campo di fotografia generale e rientrando in un campo più specifico della fotografia di nudo o fotografia erotica insomma, tu hai trattato questo tipo di fotografie nell'ambito della tua carriera?
I: si e no. Tengo workshop e sessioni di ritratto sia di nudo che di glamour, non tratto fotografia erotica. Io distinguo sempre le due facce: il target a cui mi rifaccio sono fotografi che vogliono approfondire il discorso del ritratto con anche la fotografia di nudo.
R: è opinione abbastanza comune quella di trovare una distinzione netta tra la fotografia di nudo, come fotografia tendenzialmente considerata artistica, e la fotografia erotica, ma anche di natura pornografica, che invece può essere considerata fotografia più grezza, meno apprezzata. Secondo te in che cosa si va a delineare questo confine tra l'artistico e il non artistico?
I: secondo me non c'è una suddivisione netta. Secondo me ritorna sempre quel discorso che ti facevo all'inizio della comunicazione o meno, cioè quello che l'immagine ti vuole comunicare: se l'immagine è un'immagine prettamente volgare, prettamente pornografica a me può anche andare bene come immagine perché comunica qualcosa. Un nudo artistico, bellissimo, per nulla volgare se però non ha dietro qualcosa allora mi comunica poco. Da questo punto di vista ti posso fare riferimento a Richardson, Terry Richardson, non se è già entrato nelle altre interviste che hai fatto, se conosci il fotografo.
R: no, il fotografo si, ma nessuno me lo ha ancora citato.
I: hai presente le immagini che fa?
R: certo.
I: possono essere considerate dal 90% delle persone spazzatura, in realtà secondo me c'è uno studio dietro che permette di non catalogarla come immagine pornografica, ma c'è uno studio di comunicazione dietro non indifferente, non sto ad entrare nei dettagli, però considera che Richardson è figlio di un grande fotografo che si occupava di reportage, ha un background culturale e fotografico non indifferente.
R. senti a livello di fotografia di nudo credi che contribuisca molto la modella o il modello che viene fotografato a rendere una fotografia di nudo più o meno artistica o dipende molto anche dalla tipologia di fotografia che scatta il fotografo.
I: secondo me è una cosa al 50-50, nel senso che la modella se già è volgare di suo da il suo contributo, se però il fotografo è in grado di indirizzarla nel modo giusto allora questo fattore viene mitigato.
R: quindi sostanzialmente mi... quello che è il tuo punto di vista si colloca in una compartecipazione diretta.
I: si. Secondo me o è il fotografo che non è in grado di guidare la modella o è la modella che non è in grado di capire quello che vuole il fotografo. Di solito se è uno shooting ad alto livello c'è un art director che dirige entrambe le parti, lasciando logicamente libertà di movimento ma c'è una guida ben precisa. Anche li si inizia con una riunione preventiva, si decide quale tipologia di scatti bisogna fare, si stila una time-line della giornata con le varie pose, i vari accessori da utilizzare, ecc... nulla è lasciato al caso. Non pensare, che prendo la modella, la metto nuda e la sdraio su un divano, e lavoro così. No ci sono delle situazioni ben precise, ben studiate a tavolino con la modella, con il fotografo, con l'art director, con il cliente, con gli altri fotografi che magari partecipano al workshop, non c'è nulla lasciato al caso.
R: senti, mi confrontavo sempre di recente riguardo quella che è stata un po' l'evoluzione del concetto di fotografia di nudo nello specifico rispetto a quella che era magari una fotografia di nudo della pin-up degli anni '50-'60 e la fotografia di nudo attuale. Se confrontate c'è una distinzione netta tra le due tipologie di fotografia. Quindi tu credi che questa evoluzione in ambito fotografico possa essere considerata come qualcosa di positivo o di negativo.
I: L'evoluzione secondo me è sempre positiva, fra quarant'anni vedremo le fotografie attuali, di nudo attuali, quindi bianchi e neri ricercati, giochi di luce e altro come qualcosa di vintage, così come noi oggi vediamo le fotografie delle pin-up un qualcosa di vintage. Non so prevedere quello che sarà fra quarant'anni, cinquant'anni la fotografia di nudo, ma l'evoluzione ci sarà e secondo me sarà sempre una evoluzione positiva.
R: ho capito. Senti attualmente hai qualche progetto fotografico in corso o... se vuoi parlarmi di qualche progetto fotografico che hai trattato in passato.
I: allora, progetti fotografici in corso ne ho sempre, ma non ne parlo finchè non ben sviluppato. Sui progetti fotografici passati bene o male, prima di iniziarne uno nuovo lo termino: per me terminarlo vuol dire fare una mostra, fare una presentazione da qualche parte, i miei progetti fotografici sono bene o male sempre visibili o sul mio sito internet o nelle mostre.
R: in ultimo vorrei chiederti se pensi che la posizione del fotografo oggi, nella società di oggi, abbia ancora una posizione di spicco come era la fotografia di ieri, dove il fotografo era qualcuno di molto più settoriale, una professione molto più settoriale, molto meno popolarizzata.
I: perchè pensi che adesso sia generalizzata e non sia settoriale?
R: con la popolarizzazione attuale credo che si sia un po' rotto questo.
I: secondo me si è modificato il ruolo del fotografo, ovvero in passato era più generale. C'era il fotografo di paese che ti poteva fare le foto della piccola azienda del circondario, come le fotografie del battesimo di tuo figlio o le fotografie del matrimonio di tuo cugino. Adesso non c'è più questa generalizzazione ma c'è una settorialità ben precisa: chi fa il matrimonialista non fa il fotografo di cataloghi, chi fa il catalogo non fa il fotografo matrimonialista, chi fa nudo magari non fa fotografia al battesimo. Soprattutto adesso la specializzazione è molto più importante rispetto che in passato. Anzi, il fotografo professionista di oggi cerca sempre di ricavarsi una nicchia nel mercato di settori che pochi altri vanno a ricercare.